Tutto, dunque, sembrava procedere per il meglio. E non ci
sarebbero state complicazioni di sorta nella vita dei due, se non
fosse accaduto che il mago, che aveva cercato d’ingannare
Aladino, rimpiangendo continuamente la lampada perduta, non
avesse insistito nei suoi esperimenti per sapere che cosa ne fossestato del ragazzo, se egli fosse morto davvero nel profondo della
caverna.
Seppe così che non solo Aladino era vivo, ma possedeva, oltre
all’anello, anche la lampada magica. Perciò, pieno di stizza,
ripartì alla volta dell’Arabia. Quando vide lo splendido palazzo
di Aladino, una rabbiosa invidia prese a tormentarlo. Non
volendosi arrendere alla fortuna dell’altro, si travestì da
mercante, attese che Aladino accompagnasse il re in un viaggio
nei reami vicini, si fece ricevere dalla principessa e, un po’ con
parole sdolte, un po’ per magia, la trasse in inganno.
Le fece credere cioè che la lampada custodita dal suo sposo era
vecchia e non valeva nulla: gliela avrebbe cambiata con una bella
lampada nuova. La principessa, ignara di tutto, accettò.
Avuta fra le mani, finalmente, la lampada magica, il mago ordinò
al genio di trasportare il palazzo di Aladino, con tutti i suoi
abitanti, in Africa. E il genio non poté far altro che ubbidire.
Non appena tornato dal viaggio, non vedendo più né il palazzo
né la principessa, Aladino comprese ciò che era accaduto. Ma
non si perse d’animo. Strofinò l’anello che aveva ricevuto
tanto tempo prima dal mago e che sempre portava al dito.
Rapido apparve il primo genio, quello che lo aveva salvato dalla
caverna dove il mago lo aveva rinchiuso.
"Riportami subito qui mia moglie e il mio palazzo, ovunque essi
siano", gli ordinò Aladino.
Gli rispose il genio: "Ogni tuo desiderio per me è un ordine,
padrone. Ma questo non posso esaudirlo. Perché l’incantesimo
è stato compiuto dal genio della lampada, che è molto più
potente di me".
"E allora portami dalla principessa", disse Aladino.
In men che non si dica, era già in Africa, nel suo palazzo, al
fianco della sua sposa, disperata, in lacrime, perché temeva didover dire addio per sempre ad Aladino, al padre, al suo Paese.
La felicità dei due, quando si riabbracciarono, è facile da
immaginare.
"E adesso", disse Aladino alla principessa, dopo averle confidato
la sua lunga avventura con il mago, "ci riprendiamo la lampada".
"Ma come?", rispose lei, dubbiosa.
"È facile. Inviti a cena il mago, che essendo un gran vanitoso, si
lascerà conquistare dai tuoi complimenti. E tu gliene farai tanti..."
"Io, Aladino, fargli dei complimenti?".
"Sì, mia diletta. E lo farai bere tanto. Anzi, per essere più sicuri,
metterai del sonnifero nella sua coppa di vino".
"Ho capito", sorrise la principessa.
Tutto avvenne secondo il previsto. Non appena il mago si
addormentò, Aladino, che fino ad allora s’era tenuto nascosto,
venne fuori, tolse la lampada dalle mani del mago e la strofinò.
Ed ecco apparire il genio.
"Tu, genio", comandò Aladino, "porta questo mago dove
nessuno lo possa mai più trovare. E riporta questo palazzo, con
tutto ciò che contiene, in Arabia".
Così avvenne. E in Persia, Aladino e la principessa vissero felici, a
lungo.
Potrebbe darsi che, a cercarli proprio bene, magari con l’aiuto
di qualche genio, si riesca ancora oggi a trovarli là.
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